Franz Ludwig Catel nacque a Berlino il 22 febbraio 1778 da Friedrich e Elisabeth Wilhelmine Rousset, entrambi ugonotti. Da ragazzo, insieme al fratello Ludwig Friedrich, che diventò architetto, aiutava il padre fabbricando oggetti nel suo negozio di giocattoli a Berlino.
Tra Berlino e Parigi
L’incisore Chodowiecki, amico di famiglia, nominato direttore della Akademie der Künste di Berlino nel 1797, convinse i due fratelli a iscriversi all’Accademia stessa. Catel, fin dagli anni di studi, prese a viaggiare spesso e iniziò quell’attività di illustratore che avrebbe continuato a praticare anche in seguito. Nel 1797 si fermò a Parigi, dove frequentò l’Accademia negli anni 1798, 1799 e 1800.
L’acquerello era la tecnica pittorica praticata quasi esclusivamente in quegli anni da Catel. Nel 1800, Catel e suo fratello Ludwig fondarono una fabbrica di marmo artificiale per mosaici, utilizzabile per decorazioni di mobili, oggetti di arredo, suppellettili varie fabbricate in serie. I modelli erano forniti dallo scultore Gottfried Schadow, amico di Catel. Il 2 marzo 1801 la fabbrica fu visitata dai sovrani di Prussia accompagnati dal granduca Carlo Augusto di Sassonia Weimar, il quale subito dopo incaricò i due fratelli di intervenire nei lavori di rifinitura e decorazione del castello di Weimar.
Nel 1801 Catel sposò a Berlino Sophie Friederike Kolbe, figlia del ricamatore Christian Friedrich. Nel frattempo continuava la sua attività nel campo della grafica illustrativa. Nel 1802 Catel presentò all’esposizione del “Kunstfreunde” di Weimar due acquerelli con “Schweizer Prospekte” e uno schizzo di paesaggio “d’invenzione gradevolmente poetica”, secondo Goethe.
Nel 1805-06 un altro lavoro nel campo dell’illustrazione e un incontro importante: i disegni per le Verzierungen aus demAltertum di E. F. Bussler, eseguiti insieme con l’architetto e pittore K. F. Schinkel, che gli sarebbe stato familiare in Italia, a Napoli, e anche a Roma, assiduo frequentatore della sua casa. Nel 1806, con un grande acquerello raffigurante “L’uccisione del prevosto Nicola di Bernau a Berlino“, Catel fu accolto come membro ordinario dell’Accademia d’arte di Berlino. All’esposizione, oltre al Nicola di Bernau, figurava un altro acquerello del Catel di grande formato rappresentante Martin Lutero che brucia la bolla di scomunica. L’opera, perduta, fu riprodotta e diffusa in incisioni in rame e in litografie, ma pochissimi sono gli esemplari rimasti. Si pensa che Catel stesso, una volta convertitosi al cattolicesimo, abbia fatto di tutto per impedirne la diffusione.
Nel 1807 Catel ritornò a Parigi. Come altri pittori tedeschi presenti in Francia in quegli anni, Catel si era recato a Parigi per studiare la decorazione degli ambienti. Due cartoni, esposti a Parigi, suscitarono l’ammirazione di tutti gli artisti francesi.
Il trasferimento a Roma
Alla fine del 1811 Catel si trasferì a Roma. Il primo gruppo di artisti con cui entrò in contatto fu quello dei “fratelli di S. Luca”: pur non condividendone il domicilio nel convento di S. Isidoro, ebbe con loro rapporti di amicizia e di lavoro, impartendo loro consigli tecnici e insegnamenti di prospettiva. Al 1812 risale il primo viaggio di Catel nell’Italia meridionale, che doveva diventare per lui, negli anni avvenire, meta favorita e fonte d’elezione, oltre a Roma e alla sua campagna, per la sua tematica di paesaggio e di costume. Iniziò allora una produzione di vedute italiane e di quadri in genere che, venduti facilmente ai viaggiatori nordeuropei, gli dettero notorietà e una certa agiatezza.
Dopo aver abiurato la fede calvinista il 24 nov. 1814, Catel sposò, nella parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, Margherita Prunetti, la figlia del letterato Michelangelo. Catel e la moglie abitarono all’inizio in casa del Prunetti, in via del Corso, ma dal 1818 si stabilirono definitivamente nella casa acquistata in piazza di Spagna, 9. Per la sala di casa Bartholdy (palazzo Zuccari), affrescata dai nazareni (1816-1818), Catel eseguì due sovrapporte: una tela con “Le prigioni di Giuseppe” (perduta) e un affresco con “Le piramidi d’Egitto” (acquistato, nel 1927, dal Pio Istituto Catel a Roma). A testimonianza dell’amicizia che legò Catel al console generale prussiano J. L. S. Bartholdy c’è nel Pio Istituto Catel a Roma un disegno eseguito da quest’ultimo con un “Ritratto di uomo a mezzo busto” (non identificabile) firmato e con lunga dedica all’artista.
La ricerca di Catel era volta di preferenza agli effetti di luce solare; è frequente nelle sue opere il ricorso a un accorgimento compositivo, già usato in precedenza, e che diviene quasi paradigmatico: inquadrare la veduta entro motivi naturali o architettonici (alberi, pergolati, archi, finestre) che limitano un primo piano in oscurità in modo da creare un effetto di controluce, dal quale viene esaltata la luminosità del paesaggio. Datate 1818 e firmate sono tre incisioni che presentano lo stesso schema di veduta, conservate a Roma nel Pio Istituto Catel: “Veduta delle fontane nella piazza della basilica di S. Pietro in Vaticano”, presa di sotto al colonnato al lume di luna; “Veduta dalla città di Amalfi“; “Grotta vicino a Majori“.
La clientela di Catel era di altissimo livello sociale: lord Bristol, lady Acton, il generale austriaco F. Koller, il pittore Thomas Lawrence. Catel conduceva una vita molto brillante, frequentava l’ambiente più qualificato di artisti, intellettuali, mecenati, era ricercatissimo nelle feste ed egli stesso offriva ricevimenti rimasti famosi. Luoghi di ritrovo erano, oltre al caffè Greco e alcune osterie, l’abitazione del diplomatico F. W. von Rede a villa Malta, dove la regolare presenza di Catel è testimoniata da diari e lettere di viaggiatori tedeschi. Nel 1819, in occasione della visita dell’imperatore Francesco I, fu organizzata la prima mostra di artisti tedeschi a Roma al cui allestimento Catel prese parte attiva. Espose, oltre a una “veduta da una finestra vicino Posillipo“, due opere di soggetto “storico” decisamente romantico: il vecchio acquerello “L’assassinio di Nicola di Bernau” e “Rodolfo d’Asburgo che offre il suo cavallo al sacerdote“. Nel dicembre 1822, in occasione dell’arrivo a Roma del re di Prussia, Federico Guglielmo III, ci fu un’altra mostra di artisti tedeschi a Roma alla quale Catel partecipò con quadri di paesaggio e di genere.
La casa del pittore a piazza di Spagna era una tappa d’obbligo per quasi tutti gli artisti e molti intellettuali che, più o meno a lungo, soggiornarono a Roma in quegli anni. Assidui frequentatori della casa erano, fra gli altri, il pittore K. Begas e F. Schinkel con i quali, oltre che con H. Hess, egli si ritrovò in un nuovo soggiorno a Napoli nel 1824, durante il quale andarono a visitare anche Paestum e Salerno. Schinkel, in particolare, divenne grande amico di Catel, che lo ritrasse in uno dei suoi più noti e più felici dipinti, “Schinkel a Napoli“, datato 1824.
Catel fu presente all’esposizione nel palazzo di Brera a Milano nell’autunno 1824, nel 1826 all’esposizione d’arte di Berlino e a quella napoletana. Il 1826 è l’anno di alcuni riconoscimenti ufficiali: il 14 maggio la proposta di insegnare disegno all’Accademia di Berlino e il 14 ottobre la nomina a socio dell’Accademia di belle arti di Anversa. L’eccezionale successo ottenuto, gli consentì di mettere insieme un notevolissimo patrimonio: oltre all’appartamento di piazza di Spagna, ne possedeva uno più piccolo in Trastevere (l’attuale sede del Pio Istituto Catel), aveva inoltre una tenuta presso Macerata, acquistata nel 1830, e una vigna nella campagna romana, a Tor di Quinto, presso ponte Molle. La tenuta presso Macerata è raffigurata in “Scena di mietitura” e in “Scena di aratura“, e la vigna di ponte Molle in “Colazione di mietitori sulla riva del Tevere“: tutti e tre i quadri sono conservati a Roma nel Pio Istituto Castel.
Su commissione del principe Enrico di Prussia, conosciuto a Roma attraverso Luigi di Baviera, Catel eseguì una grande pala d’altare, terminata nel 1834, con la Resurrezione di Cristo, donata dal principe alla Chiesa Evangelica di Charlottenburg; la pala, per la quale Schinkel fece la cornice, andò distrutta nel 1944.
Ormai vecchio, Catel mantenne una vitalità eccezionale che gli consentiva di proseguire, sempre con lo stesso ritmo, le attività predilette: la pittura, i viaggi, l’organizzazione e promozione della vita artistica, l’ospitalità e il sostegno materiale e morale agli artisti. Fino al 1845 amministrò la cassa dei sussidi agli artisti tedeschi, alla quale lasciò in legato tutti i suoi quadri, studi e disegni non venduti (Roma, Pio Istituto Catel, lett. A, pos. 2, fasc. I: codicillo al testamento del 16 giugno 1848).
Morì a Roma il 19 dicembre 1856 e fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria del Popolo. Alla sua morte lasciò metà delle sue sostanze a una fondazione, il Pio Istituto Catel, avente lo scopo di sostenere tedeschi bisognosi e artisti italiani. L’altra metà del patrimonio andò alla moglie Margherita Prunetti (morta il 28 febbraio 1874),che l’assegnò a sua volta in testamento al Pio Istituto Catel.